Ancora in parte da comprendere, la Kiwifruit Vine Decline Syndrome (KVDS), meglio nota come moria del kiwi, in Italia è stata osservata per la prima volta nel 2012 in Veneto, da dove si è diffusa negli altri areali di coltivazione, che si concentrano principalmente in cinque regioni. In ordine decrescente di superficie, a coltivare Actinidia nel nostro Paese sono Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Calabria e Veneto, per un totale di circa 24.000 ettari (dato 2021), di cui circa il 77% coltivati con varietà a polpa verde, il 22% con varietà a polpa gialla e l’1% con varietà a polpa rossa. Nella classifica mondiale dei Paesi produttori di kiwi, nel 2021 l’Italia – che ha prodotto circa 305.000 tonnellate di Actinidia, in forte calo rispetto agi anni precedenti (dati CSO Italy) – si è collocata al terzo posto, dopo Cina e Nuova Zelanda.
KVDS: diffusione e ricadute economiche
Si stima che oggi in Italia a essere interessato dalla moria sia circa il 26% della superficie totale coltivata a kiwi. Tutte le cultivar possono essere colpite, indipendentemente dal colore della polpa. Oltre ad avere un effetto negativo diretto sulle rese e quindi sulla PLV, la diffusione della moria comporta incrementi nei costi di gestione del frutteto e la tendenza da parte del frutticoltore a impegnare risorse nel tentativo di arginare il problema, in maniera simile a quanto accaduto negli anni passati con il cancro batterico dell’Actinidia, dovuto all’azione del batterio Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA).
I sintomi della moria del kiwi
La moria del kiwi si manifesta con avvizzimento dei germogli e deperimenti della chioma, cui fanno seguito riduzione della pezzatura dei frutti e mancata maturazione, con evidenti cali produttivi, e successivamente morte della pianta, che può talora occorrere anche in tempi brevi dalla manifestazione dei sintomi.
Questo perché il problema sta nell’apparato radicale e spesso la pianta manifesta i sintomi nella sua porzione epigea quando ormai la sindrome è in uno stadio avanzato. Si stima infatti che l’Actinidia possa continuare a vegetare e produrre in modo pressoché normale anche con una compromissione funzionale delle radici pari al 65%. Nell’apparato radicale delle piante colpite si osservano distacco della corteccia, perdita del capillizio, diffusi marciumi e occlusione dei vasi, con conseguente impossibilità per la pianta di nutrirsi adeguatamente.
Fattori abiotici predisponenti all’insorgenza della KVDS
Sottoposta a intensa attività di ricerca da parte delle Università di Verona, Udine e Bologna, la KVDS ha mostrato di manifestarsi più frequentemente in presenza di specifici fattori abiotici. Tra questi hanno un’importanza fondamentale le caratteristiche fisiche del suolo, in particolare la sua porosità, e la gestione dell’irrigazione.
La moria si manifesta in percentuali maggiori in presenza di ristagno idrico, per cui la combinazione tra diffuso compattamento dei suoli negli appezzamenti coltivati ad Actinidia, complici gli incrementati passaggi coi mezzi agricoli effettuati negli ultimi anni per interventi di difesa nei confronti del PSA, e un’irrigazione non sempre razionale, ha favorito la diffusione della KVDS. Il kiwi è molto esigente in termini idrici e questo porta talora il frutticoltore a eccedere nei volumi di adacquamento, soprattutto in caso di irrigazione a scorrimento. Il ristagno e la saturazione del terreno riducono la quantità di ossigeno a disposizione delle radici e ne ostacolano la crescita – che nel kiwi presenta due picchi, uno primaverile e uno autunnale – e il corretto funzionamento. In particolare, i danni radicali che occorrono durante la stagione autunnale compromettono la ripresa vegetativa nell’anno successivo, andando ad aggravare eventuali situazioni critiche primaverili. Oltre all’irrigazione, a delineare questo quadro sfavorevole contribuiscono i cambiamenti climatici degli ultimi anni e l’irregolare distribuzione delle precipitazioni, che influenza negativamente la struttura dei terreni.
Si è inoltre osservata una maggiore incidenza di moria in presenza di aumento di salinità dei suoli e di accumulo di metalli pesanti, tra cui il rame impiegato nel controllo del PSA.
Anche funghi e batteri coinvolti nella moria del kiwi
Anche la composizione microbica della rizosfera ha dimostrato di essere un fattore importantissimo nel determinare o meno l’insorgenza di moria del kiwi.
Al momento negli appezzamenti colpiti sono stati identificati una serie di funghi tipici di ambienti saturi di acqua, già noti come responsabili di danni a radici e colletto del kiwi, tra diverse specie dei generi Phytopythium e Phytophtora, ma risultano coinvolti anche batteri anaerobi del genere Clostridium. Studi di metagenomica sui suoli di questi appezzamenti hanno chiaramente dimostrato modifiche importanti nella composizione del microbioma, anche se un legame stretto con i patogeni ritenuti responsabili dei sintomi radicali non è ancora stato dimostrato.
Come contrastare la moria del kiwi?
In attesa che il breeding selezioni varietà e portinnesti in grado di resistere alla KVDS o quanto meno di tollerarla, garantendo comunque produzioni adeguate, nel breve-medio termine le strategie di contenimento si basano principalmente sulla tecnica agronomica.
A una razionale gestione dell’irrigazione, basata sulle effettive esigenze idriche della pianta, devono essere associate una gestione oculata del terreno, sia in termini di sistemazioni – con la realizzazione di baulature che contrastino i ristagni idrici – ma soprattutto con azioni volte a mantenere e/o incrementare la sostanza organica stabile nel terreno. Questo non solo per favorire la porosità del suolo, ma anche per creare nella rizosfera condizioni favorevoli al proliferare di microrganismi utili, in grado sia di favorire la nutrizione della pianta, sia di occupare la nicchia ecologica, ai danni dei microrganismi coinvolti nei marciumi radicali.
Agribios consiglia
Considerata l’importanza di condizioni ottimali di porosità e ossigenazione del terreno nel contrastare l’instaurarsi della KVDS nelle coltivazioni di kiwi, siano esse biologiche o integrate, diversi concimi organici e organo-minerali proposti da Agribios possono risultare di assoluto interesse nella strategia di nutrizione di Actinidia. Tuttavia, si ritiene utile concentrarsi soprattutto su due prodotti della linea Terrapiù, inoculati con microrganismi utili.
AGRI BIO AKTIV (pellet) è un attivatore dei terreni a base di sostanza organica umificata, inoculi batterici e fungini. Oltre a fornire sostanza organica ed elementi nutritivi, favorisce e orienta la proliferazione nel terreno dei microrganismi utili allo sviluppo delle piante. Inoltre, la sua particolare composizione microbica, ricca di Trichoderma harzianum e viride e di batteri della rizosfera, limita con diversi meccanismi d’azione lo sviluppo di agenti patogeni responsabili di
alcune malattie dell’apparato radicale come Fusarium, Pythium, Armillaria, Sclerotinia, Phytophtora e Rhizoctonia.
Ad azione simile, BIO AKTIVEG (pellet) è caratterizzato da una matrice organica 100% vegetale, fatto che lo rende indicato per tutte le aziende soggette alle limitazioni derivate dalla concimazione con prodotti di origine animale.
Microtech Start
MICROTECH START è un concime organico fluido, 100% di origine vegetale, consigliato in corrispondenza dei due picchi (primaverile e autunnale) di accrescimento radicale del kiwi. La sua particolare composizione, frutto di ricerca scientifica e know-how aziendale, permette di apportare i principali elementi della nutrizione (azoto, fosforo e potassio) oltre a carbonio organico, enzimi, zuccheri, aminoacidi levogiri, peptoni, micorrize e batteri della rizosfera utili alle piante (PGPR, azotofissatori etc.). L’interazione tra la sostanza organica e uno specifico pool microbico crea una straordinaria sinergia tra tutti i componenti di MICROTECH START, a grande vantaggio del suolo e della coltura praticata.