Coltivare la vita nel suolo
Ottobre 6, 2023

Tecnica colturale e microbiota del suolo

Tecnica colturale e microbiota del suolo

Il microbiota di un suolo coltivato viene influenzato e modificato dalle tecniche colturali applicate? La risposta è certamente affermativa. Ma le modalità con cui ciò avviene non sono ancora del tutto note.
In senso generale, si ritiene che tra le tecniche che possono influenzare positivamente il microbiota del suolo siano da annoverare la rotazione colturale, l’uso di fertilizzanti organici e di cover crop e la riduzione delle lavorazioni.
Sono invece ritenute pratiche potenzialmente dannose per l’equilibrio microbico del suolo le concimazioni chimiche (qualora portino a squilibri nella composizione del terreno), l’uso di agrofarmaci e le lavorazioni intensive.
Ma è davvero tutto così semplice e lineare? In realtà no, soprattutto quando si cerca di comprendere e misurare l’effetto combinato di più variabili. Ecco cosa ci dicono alcune ricerche condotte sull’argomento.

 

Fertilizzazione e difesa: effetti collaterali sul microbiota del suolo

L’uso di fertilizzanti e agrofarmaci ha ovviamente lo scopo di massimizzare quantità e qualità delle produzioni agricole, ma gli effetti collaterali che tali prodotti possono avere sui microrganismi del suolo sono spesso trascurati.
Come riassumono Bünemann et al., i concimi minerali hanno tendenzialmente effetti diretti limitati sul microbiota del terreno. Indirettamente, però, migliorando la produttività delle colture, le rese e la quantità di residui colturali che permangono nel suolo, possono influenzarne le comunità microbiche.
La concimazione azotata può acidificare il pH dei suoli, con potenziali effetti negativi sui microrganismi presenti. Gli ammendamenti organici sono per il microbiota sia una fonte diretta di carbonio sia una fonte indiretta di questo elemento, sempre per questioni di resa delle colture e di residui colturali. Tuttavia, la qualità delle matrici organiche di scarto con cui possono essere prodotti ammendanti e concimi deve essere controllata (si pensi al caso dei compost da RSU), per evitare l’accumulo di sostanze tossiche nel suolo.
Erbicidi, fungicidi e insetticidi possono avere diversi effetti sui microrganismi del terreno: basti citare il caso del rame che, a causa del suo potenziale effetto tossico sui microrganismi, in Unione Europea può essere utilizzato con restrizioni sulle dosi.

 

L’apporto di sostanza organica con o senza lavorazione

La sostanza organica aggiunta ai suoli coltivati con lo scopo di migliorarne la fertilità fisica e chimica ha notoriamente effetti anche sulla fertilità biologica, interagendo con l’intera popolazione di microrganismi presenti nel suolo, tanto con quelli benefici quanto con quelli dannosi (patogeni e parassiti).
Pertanto, per massimizzare l’efficacia dell’aggiunta di sostanza organica ai suoli coltivati, è necessario comprendere adeguatamente queste interazioni e come esse siano influenzate da altre pratiche agricole, come ad esempio la lavorazione del terreno utilizzata per interrare ammendanti e concimi.
Le ricerche condotte sull’interramento della sostanza organica portano a risultati variabili. Per esempio, essa può determinare una riduzione della biomassa fungina e provocare alterazioni anche molto importanti nelle popolazioni di nematodi e protozoi degli strati più superficiali del suolo, mentre i batteri risultano essere molto meno sensibili a questa pratica colturale. Va tuttavia sottolineato, come abbiamo già descritto in questo articolo, che anche la microfauna e la microflora di strati più profondi del terreno hanno un ruolo determinante nei cicli degli elementi nutritivi. E ancora poco studiati sono gi effetti dell’interramento della sostanza organica sul microbiota di questi orizzonti.

Microbiota e tecniche di coltivazione: analizzare più variabili

Oltre ad analizzare gli effetti di singole pratiche colturali sulla consistenza e la composizione delle comunità microbiche dei suoli, è possibile prendere in considerazione combinazioni di tecniche.
Una ricerca di durata decennale condotta a Zurigo a partire dal 2009 su frumento, cui è stato dato il nome di FAST (FarmingSystems and Tillage), ha raccolto dati in due repliche poste l’una accanto all’altra sullo stesso appezzamento, allo scopo di minimizzare le variazioni causate dall’eterogeneità spaziale del suolo. L’esperimento è stato progettato per confrontare la gestione convenzionale (C) e quella biologica (O) accoppiate a diversi regimi di lavorazione del terreno: intensiva (IT), ridotta (RT) e nulla (NT).
Le parcelle convenzionali hanno ricevuto fertilizzanti minerali di sintesi, erbicidi, insetticidi e fungicidi e sono state sottoposte a lavorazione intensiva (IT) e non lavorazione (NT, con uso aggiuntivo di glifosato). I sistemi colturali corrispondenti sono stati denominati convenzionale con lavorazione intensiva (C-IT) e convenzionale senza lavorazione (C-NT).
Le parcelle biologiche sono state concimate con liquame bovino, non hanno ricevuto agrofarmaci di sintesi e sono state sottoposte a lavorazione intensiva (IT) o ridotta (RT), dando luogo ai sistemi colturali denominati biologico con lavorazione intensiva (O-IT) e biologico con lavorazione ridotta (O-RT).
Gli effetti delle diverse combinazioni sistema colturale – intensità di lavorazione sono stati misurati sul microbiota del suolo dell’appezzamento e su quello della rizosfera delle piante di frumento.
I risultati hanno dimostrato che le comunità batteriche del suolo sono influenzate principalmente dalla lavorazione del terreno, mentre le comunità fungine variano principalmente in risposta al tipo di gestione, e solo secondariamente in risposta alla lavorazione del terreno. A livello di rizosfera, tuttavia, il tipo di gestione è il fattore che più ha influenzato i batteri, mentre i funghi sono stati generalmente influenzati dalle variazioni dell’intensità della lavorazione del terreno. Dunque, l’adozione di determinate tecniche colturali ha effetti diversi sui microbiota delle due porzioni di terreno.

 

L’analisi delle reti di co-occorrenza

Andando ad analizzare più nel dettaglio il peso dell’influenza delle tecniche agronomiche sulla composizione delle popolazioni microbiche, è emerso che circa il 10% della variazione delle comunità di microrganismi del suolo è spiegata dalle pratiche colturali testate. I microbi più sensibili alle tecniche colturali sono diversificati dal punto di vista tassonomico e includono anche i cosiddetti “membri frequenti” delle comunità ovvero i cosiddetti “membri co-occorrenti”, suggerendo che le pratiche colturali possano consentire di indirizzare la presenza o assenza di tali specie. I microbi che frequentemente co-occorrono con molti altri sono definiti “taxa chiave”, perché possono svolgere un ruolo ecologicamente importante, determinando le dinamiche comunitarie e il funzionamento del microbiota.
I membri del microbiota del suolo e delle radici interagiscono direttamente e indirettamente tra loro e uno strumento per comprendere meglio queste potenziali interazioni è l’analisi delle reti di co-occorrenza. Da tempo utilizzate nelle scienze sociali per analizzare le relazioni tra gli esseri umani, le analisi di rete sono state recentemente applicate all’ecologia microbica del suolo, per definire i modelli in base ai quali le comunità microbiche si assemblano, nonché i modelli di risposta di gruppi tassonomici diversi alle tecniche agronomiche, e per identificare i singoli membri del microbiota che influenzano in modo significativo la composizione della comunità.
È stato dimostrato che i suoli sottoposti a gestione convenzionale e biologica ospitano reti microbiche distinte, ma non è chiaro se i taxa chiave dei microbiota del suolo e delle radici siano sensibili alle pratiche colturali.

 

Microbiota del suolo e smart farming

Lo studio e la comprensione del modo in cui le tecniche colturali, anche combinate tra di loro, riescono a modificare le comunità microbiche dei suoli, e in particolare i loro “taxa chiave”, è fondamentale per poterne indirizzare la composizione a vantaggio del miglior stato nutrizionale e fitosanitario delle piante coltivate, in un’ottica di smart farming.


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