Come spiegano S. Shilev in una pubblicazione del 2020, dal punto di vista del loro comportamento in suoli salini, le piante vengono classificate in glicofite (sensibili alla salinità) e alofite (resistenti/tolleranti).
Le glicofite cercano di escludere i sali dalle cellule radicali per sopravvivere e ridurre l’effetto dello stress, mentre le alofite accumulano i sali nei loro tessuti, principalmente nelle foglie, attraverso il flusso xilematico.
Le alofite possono essere a loro volta classificate in tre gruppi principali: obbligate, facoltative e indifferenti. Le alofite obbligate (Chenopodiaceae) necessitano di sale per vivere e completare il loro ciclo biologico, e alcune di esse sono classificate come estremofile; le alofite facoltative tollerano determinate concentrazioni di sali e possono vegetare in terreni salini, raggiungendo però la massima resa e crescita in terreni privi di sale. Le indifferenti non modificano la propria fisiologia in presenza di salinità nel suolo.
Le alofite utilizzano diversi meccanismi per adattarsi agli ambienti salini, tra cui: la modulazione dei livelli di sintesi di ormoni; la produzione di osmoprotettori; la modulazione del rapporto K+/Na+ verso alti valori; l’assorbimento o l’eliminazione selettivi di ioni; la produzione di composti antiossidanti; la modulazione dell’attività fotosintetica e molti altri, tra cui lo sfruttamento dell’effetto biostimolante di batteri normalmente presenti nelle loro rizosfere, in quanto a loro volta alofili o alotolleranti.